mercoledì 9 giugno 2010

Schede Biografiche

1.


Marchigiano, di madre picena e padre pesarese, dall'età di sei anni vive a Roma, dove s'è laureato in filosofia nel 1949 con una tesi su Carlo Michelstaedter (il nostro esistenzialista ante litteram, morto suicida per amore dell'essere). Da Michelstaedter impara la morale delle favole filosofiche e letterarie: "Abituarsi a una parola è come prendere un vizio". A quindici anni aveva scoperto fortunosamente Rimbaud in fondo a vecchio baule: i Poemi in prosa tradotti da Oreste Ferrari (un'edizione Sonzogno del 1919). Forse questa lettura ha segnato più di ogni altra il suo magro destino. Quale choc venire a sapere che quei poemi scritti da un ventenne risalivano al 1873-'74 in un misterioso clima chiamato Simbolismo! Così, di là dalla scuola, si aprivano all'esplorazione esaltanti orizzonti. La poesia gli sembrò far parte del mondo del pensiero, o almeno della sensibilità pensante. Ma intanto arriva la seconda guerra mondiale. Fino ai diciannove-venti anni non tenta neppure di scrivere. E appena comincia si sente inadeguato e immaturo. S'inoltra allora per qualche anno in una accanita e divorante pazienza. Coltiva il talento critico che avverte di possedere, un talento reso felicemente impuro dalla tremenda voglia di rischiare tutto sulle scelte della poesia. Evita deliberatamente di studiare letteratura all'università, proprio per sentirsi del tutto libero di "errare" e appassionarsi ai problemi della scrittura. Legge Kierkegaard, Kant, Nietzsche, Jaspers, Husserl prima di Freud, Jung, Fenichel, Musatti. Nel 1950 s'azzarda a compiere un'autoanalisi e si proietta nelle angosce infantili portando a galla qualche ingombrante vissuto rimosso (scena primaria compresa). Dopo questa salutare esperienza gli succede di non buttare più via i versi che viene scrivendo. Il suo primo libretto Il cuore zoppo, uscito nel 1955 con la benedizione di Luciano Anceschi, è appunto un riacquisto dell'infanzia e una promessa di conservarla maturando ("Sempre verrò/per riempire del mio cuore la spina vuota"...). Nell'inverno del 1956 nasce la rivista "Il Verri" diretta da Anceschi. Giuliani vi tiene per alcuni anni la rubrica di critica della poesia, e vi pubblica di tanto in tanto i suoi versi. La ricognizione critica, condotta con una certa allegria polemica, e gli esperimenti di scrittura, nonché i fitti scambi con altri poeti rivolti all'innovazione, portano direttamente all'antologia I novissimi (1961), della quale Giuliani è responsabile (tranne del titolo che fu consigliato da Sanguineti). Più o meno da quel momento corre in giro la formula "neo-avanguardia" (stesso peso semantico del romanesco "Anvedi questi"), mai sconfessata e mai presa troppo sul serio dai portatori sani del virus. Insieme con Balestrini, Filippini, Eco, Valerio Riva e tutti gli altri che sapete, inventa un gruppo che non è mai esistito e che ha fatto parlare di sé, il Gruppo 63. Alla ideazione di questo rumoroso fantasma contribuirono anche amici compositori, a cominciare da Luigi Nono. Tra il '61 e il '65 si dedica anche alla poesia "visiva" e compone collages in collaborazione con i pittori Franco Nonis, Gastone Novelli, Toti Scialoja. Nel 1965 pubblica da Scheiwiller il primo atto di un grottesco per musica, Pelle d'asino, scritto a due mani con Elio Pagliarani in perfetta letizia. Nel 1965 la raccolta Povera Juliet e altre poesia (Feltrinelli) è presentata al pubblico romano da Giuseppe Ungaretti con parole attentissime e toccanti (il testo di Ungaretti è incluso nel "meridiano" di Mondadori Saggi e interventi).

Tutte le poesie, edite e inedite, scritte tra il 1950 e il 1984, sono raccolte nel volume Versi e non versi (Feltrinelli) 1986). Oltre a parecchie prefazioni, Giuliani ha finora pubblicato tre volumi di saggi - Immagini e maniere, Feltrinelli 1965, Le droghe di Marsiglia, Adelphi 1977, Autunno del Novecento, Feltrinelli 1984- e altri ne ha in preparazione.

Tre recite su commissione (Lubrina 1990) raccoglie operette dialogiche scritte per la radio e la televisione.

Per sapere ciò che l'autore pensa di sé, egli consiglia di leggere ciò che ha scritto per la quarta di copertina di Versi e non versi. Non può ripetersi e non sa dire altro.


2.


Marchigiano, di madre picena e padre pesarese, dall'età di sei anni vive a Roma, dove s'è laureato in filosofia nel 1949 con una tesi su Carlo Michelstaedter. In seguito s'è dedicato pressoché esclusivamente allo studio della letteratura, alla poesia e alla richerca sulle poetiche. Il suo primo librettodi versi Il cuore zoppo esce nel 1955 nella collana “Oggetto e simbolo” diretta da Luciano Anceschi. Collabora fin dalla fondazione (1956) alla rivista di Anceschi "Il Verri" ; tra l'altro vi tiene regolarmente per alcuni anni la rubrica di critica della poesia. Da questa esplorazione, condotta con una certa allegria polemica, dagli esperimenti di scrittura, nonché dai fitti scambi con altri poeti rivolti all'innovazione nasce l'idea dell'antologia I novissimi (1961), che con una prefazione aggiunta all'introduzione del 1961, è stata più volte ristampata da Einaudi a partire dal 1965 (attualmente esaurita). Nel 1965 pubblica presso Feltrinelli la raccolta di articoli e saggi Immagini e maniere. Nello stesso anno , sempre presso Feltrinelli, pubblica Povera Juliet e altre poesie.

Intanto, insieme con gli amici del “Verri” (Balestrini, Barilli, Eco, Filippini, Sanguineti, Angelo Guglielmi) e con l'appoggio esterno di Valerio Riva e tutti gli altri che sapete, inventa un gruppo che non è mai esistito e che ha fatto parlare di sé, il Gruppo 63. Alla ideazione del rumoroso fantasma contribuiscono anche amici compositori e pittori (la prima apparizione avviene infatti al Festival internazionale Nuova Musica di Palermo nel 1963). Tra il '61 e il '65 compone collages di parole e segni in collaborazione con i pittori Franco Nonnis, Gastone Novelli, Toti Scialoja. Nel 1965 pubblica da Scheiwiller un grottesco per musica, Pelle d'asino, scritto insieme con Elio Pagliarani in perfetta letizia.

Nel 1968, lavorando con Jacqueline Risset, cura per Einaudi l'antologia Poeti di “Tel Quel”. L'anno successivo pubblica da Feltrinelli il suo poemetto più ardito, Il tautofono, che trae oracoli lirico-grotteschi dalla dissoluzione psicologica e formale.

Del 1970 è Gerusalemme liberata di Torquato Tasso raccontata da Alfredo Giuliani, con una scelta del poema (Einaudi).

Nel 1973 pubblica presso Adelphi Il giovane Max, racconto per illuminazioni, sberleffi e frantumi.

Nel 1975 esce presso Feltrinelli in due volumetti economici l'Antologia della poesia italiana dalle origini al Trecento.

Il titolo della raccolta di saggi e articoli Le droghe di Marsiglia (Adelphi, 1977) contiene tra l'altro una dose di ironia e una dose di di malinconia: a Marsiglia, Walter Benjamin fumò per la prima volta hascisch e Sade somministrò confetti afrodisiaci di cantaride a prostitute (che poi lo denunciarono per sevizie).

Dopo aver collaborato per qualche tempo al quotidiano “Il Messagero”, diventa nel 1976 critico letterario del quotidiano “la Repubblica”.

Nel 1984 appare da Feltrinelli Autunno del Novecento, scelta di articoli, saggi, relazioni a convegni su scrittori del Novecento italiano. Lo stesso editore pubblica nel 1986 il volume Versi e nonversi, che raccoglie le poesie edite e inedite scritte tra il 1950 e il 1984.

sono raccolte nel volume (Feltrinelli) 1986). Oltre a parecchie prefazioni, Giuliani ha finora pubblicato tre volumi di saggi - Immagini e maniere, Feltrinelli 1965, Le droghe di Marsiglia, Adelphi 1977, Autunno del Novecento, Feltrinelli 1984- e altri ne ha in preparazione.

Tre recite su commissione (Lubrina 1990) include tre operette dialogiche concepite per la radio e la televisione.

Dal 1980 è professore ordinario di Storia della letteratura moderna e contemporanea presso la Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università degli studi di Chieti.


3

Marchigiano, di madre picena e padre pesarese, dall'età di sei anni vive a Roma, dove s'è laureato in filosofia nel 1949 con una tesi su Carlo Michelstaedter. In seguito s'è dedicato pressoché esclusivamente allo studio della letteratura, alla poesia e alla richerca sulle poetiche moderne e contemporanee. Ha collaborato fin dalla fondazione (1956) alla rivista "Il Verri" di Luciano Anceschi, e qui per diversi anni ha tenuto la rubrica di critica della poesia. Ha ideato e curato l'antologia di tendenza I novissimi (Rusconi e Paolazzi, 1961), che segna il momento più innovativo e discusso della poesia italiana dopo la seconda guerra mondiale. L'antologia, con una prefazione-manifesto aggiunta all'introduzione del 1961, è stata più volte ristampata da Einaudi a partire dal 1965 (attualmente esaurita).

Nel 1965 hapubblicato presso Feltrinelli la raccolta di saggi Immagini e maniere, che un contributo personale alla definizione delle maniere di poesia e delle idee di poetica praticate nel decennio precedente (esaurimento dell'ermetismo, neorealismo, neoavanguardia, questioni di metrica, discussioni su ideologia e mestiere, influssi di poeti stranieri).

Nel 1968 in collaborazione con Jacqueline Risset, cura per Einaudi l'antologia Poeti di “Tel Quel”. Nella prefazione si ipotizza che la nuova retorica prodotta dalla cultura semiologica dominante conduca a una poetica del segno, ormai svincolata da tutte le poetiche moderniste della prima metà del Novecento.

L'anno successivo pubblica da Feltrinelli il suo poemetto più ardito, Il tautofono, che trae oracoli lirico-grotteschi dalla dissoluzione psicologica e formale.

Nel 1970 esce da Einaudi Gerusalemme liberata di Torquato Tasso raccontata da Alfredo Giuliani, con una scelta del poema.

Nel 1975 è Antologia della poesia italiana dalle origini al Trecento (Feltrinelli). Questi dun volumetti, di oltre 300 pagine ognuno, sono stati concepiti per avvicinare alla poesia dei classici i lettori comuni, fuori da ogni obblico scolastico; ciò non toglie che possano servire anche allo studio. E non toglie che contengano qualche interpretazione non proprio vulgata. Di cui non si sono accorti gli “specialisti” prergiudicanti l'antologia come meramente divulgativa.


Le droghe di Marsiglia è una “grossa” (nel senso di ingombrante: 410 pagine) raccolta di saggi apparsa da Adelphi nel 1977. Nel titolo c'è una dose di ironia e una dose di di malinconia: a Marsiglia, Walter Benjamin fumava hascisch e Sade somministrò confetti afrodisiaci a prostitute (che poi lo denunciarono per sevizie). Nella trasformazione dell'esperienza provocata dalle “droghe” c'è una allegoria della letteratura? Nel libro, tra tante altre cose, c'è un'analisi dei frammenti di Benjamin Sull' hascisch e c'è qualche argomentazione sulla enciclopedia dell'innominabile progettata da Sade (l'episodio di Marsiglia è interpretato come l'apparizione in qualche modo pubblica del sadomasochismo, cosa di cui ovviamente i giudici non tennero affatto conto).

Nel 1984 è apparso da Feltrinelli Autunno del Novecento (scelta di articoli, saggi, relazioni a convegni su scrittori del Novecento italiano).


Le conferenze Gioco e destino. I segni del sesso nella poesia del Belli è pubblicata nel II quaderno Letture belliane. I sonetti del Belli (Bulzoni, 1982).

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