Giuliani,1964
Il punto di partenza del discorso della neoavanguardia è l'analisi condotta sulla crisi del linguaggio, "l'odierno avvolgente consumo e sfruttamento commerciale cui la lingua è sottoposta" (Giuliani ed.,1961,p.18), come afferma Alfredo Giuliani nell'introduzione all'antologia de "I Novissimi". Le cause di questa crisi vanno ricercate, per gli scrittori della neoavanguardia, soprattutto nell'azione profondamente trasformatrice esercitata dai "mass media" sul vecchio impianto linguistico e letterario, con la realizzazione di una "koiné" livellatrice funzionale alle esigenze del mercato della comunicazione.
Crisi storica, dunque, e in quanto tale apparentemente irriducibile al tradizionale meccanismo di sclerosi e reazione che, in una visione critica tutta interna all'analisi dei fenomeni artistici, regolerebbe l'avvicendarsi delle varie tendenze. Oltretutto, la crisi del linguaggio è, per gli esponenti del "Gruppo 63" anche l'indice di una crisi più profonda, che investe gli stessi modelli di codificazione e di comprensione del reale, e con essi i possibili atteggiamenti dell'artista nei confronti della sua materia. Afferma Giuliani: "Poiché tutta la lingua tende oggi a divenire una merce, non si può prendere per dati né una parola né una forma grammaticale né un solo sintagma" (ibidem).
La poesia dei "Novissimi" si pone allora come un tentativo di opposizione alla mercificazione del linguaggio, "comunicazione della negazione della comunicazione esistente", secondo una felice formulazione critica di Gianni Scalia (in Ferrata ed.,1966,p.24).
Ogni altro atteggiamento poetico, che non fosse del pari fondato su una contestazione radicale della reificazione dei meccanismi linguistici, appariva improponibile per gli avanguardisti. Giuliani polemizzò nei confronti del realismo e della poetica dell'"impegno", accusando Fortini e Pasolini (e con loro, di conseguenza, la proposta politico-culturale di "Officina"), di neo crepuscolarismo. Una polemica ancora più feroce venne condotta contro i tentativi di riproposizione in chiave moderna dei modi della letteratura tradizionale, che facevano in quegli anni la fortuna, tra gli altri, dei romanzi di Cassola, di Bassani e di Tomasi, definiti nel corso del primo convegno di Palermo come le "Liale degli anni '6O".
Comunque, è proprio a partire da questa impostazione generale del discorso poetico e critico che traggono le mosse le iniziative più rilevanti degli esponenti della neoavanguardia. Nell'introduzione all'antologia de "I Novissimi", Alfredo Giuliani segnala appunto quello che è, a suo avviso, il principale motivo comune agli autori ivi antologizzati, e cioè l'obiettivo di un "accrescimento di vitalità", da conseguire attraverso il ripudio dei moduli lirici tradizionali in favore di una "riduzione dell'io":
"Tra i 'nuovi' e i 'novissimi' non c'è continuità, anzi rottura. La coerenza sta nell'essere passati in tempo dall'esercizio ormai inaridito di uno 'stile' alle avventurose ricerche e proposte di una 'scrittura' più impersonale e più estensiva. Il famoso 'sperimentalismo'."
(Giuliani ed.,1961,p.18).
"Accade talvolta di notare con stupore, nello sclerotico e automatico abuso di frasi fatte e di espressioni convenzionali che stanno alla base del comune linguaggio parlato, un improvviso scattare di impreveduti accostamenti, di ritmi inconsueti, di involontarie metafore; oppure sono certi grovigli, ripetizioni, frasi mozze e contorte, aggettivi o immagini spropositate, inesatte, a colpirci e a sorprenderci, quando le udiamo galleggiare nel linguaggio anemizzato e amorfo delle quotidiane conversazioni: straordinarie apparizioni che arrivano a illuminare da un'angolazione insolita fatti e pensieri." (Giuliani ed., 1961, p.196).
Una certa carenza di analisi specifica si ritrova anche nelle recensioni dedicate a "Come si agisce" da parte degli esponenti del "Gruppo 63". Alfredo Giuliani, in un articolo pubblicato sull'"Avanti!" del 16 gennaio 1964, interpreta gli esperimenti elettronici in un modo a dir poco singolare, per quanto in linea con la sua ipotesi critica di una "vena claunesca" posta alla base della poesia di Balestrini:
"Le composizioni elettroniche contenute nel volume (...) non sono affatto poesie meccaniche, ma piuttosto una verifica ironica e addirittura una parodia del metodo che il poeta adopera comunemente." (Giuliani,1964).
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